L'AMBIENTE COSTRUITO: L'ARTIGIANO NELLE SUE MOLTEPLICI MANSIONI E REALIZZAZIONI


L�EDILIZIA A LIPARI

L�edilizia a scopo abitativo veniva praticata esclusivamente con tecniche artigianali. Si ergevano muri a secco; ogni casa era dotata di cisterna per la raccolta dell�acqua piovana, ed ogni cucina aveva il forno a legna per la produzione del pane per la famiglia.

La costruzione dell�astrico veniva festeggiato dai proprietari con tutti i parenti e vicini.

"A ittata i� l�astricu"

Riunioni chiassose venivano organizzate per festeggiare la costruzione di un "astricu" o di un tetto a terrazza. Sin dal mattino attorno alla casa si alzavano pali e canne con "muccaturi" a vivaci colori, che agitati come bandiere rallegravano la scena.

Gli operai gridavano e cantavano; appena portati via i resti di calce e materiali, tutti montavano sul tetto servendosi di una scala a pioli al vivace suono del "tammureddu", suonato in genere dall�anziana mamma, mentre le ragazze cantavano.

Per la festa parenti e amici mandavano regali e "cistenni", consistenti in frutta, legumi, frutta secca, frittelle e "viscuttini", accompagnati da garofani e altri fiori. I cistinni erano portati dalle donne e il loro arrivo era salutato dalle grida degli uomini sul tetto.

I dolci si mangiavano accompagnati dal vino locale e la festa procedeva fino a tarda sera, continuando poi con una cena a base di maccheroni al sugo di carne e formaggio, "sfugghiata e sfingi", o pasta quadrata preparata con zucchero o caramello.

L�ingresso delle donne coi doni veniva poi salutato dal padrone di casa con un colpo di fucile come ringraziamento.

Est paisi di agriculturi,

ma puru ci sunnu bravi dutturi,

firrascecchi, firrari e stagnini

cu fallignami, sarti e sartini.

"Per me il fabbroferraio per eccellenza resta don Mario Musso, ...............

con tenaglie e martelli e palette dal filo laminato, schiodava chiodi, puliva la lunga unghia degli zoccoli scavandola, o rimetteva ferri. Le bestie ragliavano, emettevano sterco in pallottole o, se eccitate, allungavano i lunghi peni zigrinati.

............................

Di sicuro, io posso dire che i fabbroferrai lavoravano sino a notte alta, quando la mezzanotte suonava dai campanili cupa per preparare zappe, falci, fienaie, o infine, ringhiere, grate, pezzi ferrati per chiavistelli, o cardini di porte. E persino, si diceva, se glieli richiedevano dai lontani reami: spade, corazze, archibugi, colubrine;

o nidi d�argento dove usualmente la pavona reale fa le uova."

(da "Cento Sicilie" di G._Bufalino)

L�ARTE DEL FERRO BATTUTO

Laboratorio a S. Lucia del Mela all�entrata del paese. È attiguo all�abitazione dell�artigiano e di recente costruzione. Il proprietario (anni 33) lavora dall�età di 11 anni, non ha dipendenti ma solo giovani desiderosi di apprendere il mestiere.

Lavora quasi 10 ore al giorno, e produce generalmente complementi di arredo in ferro battuto, da lui ideati ed eseguiti nelle varie fasi della lavorazione.

Dopo l�esecuzione del disegno su scala reale, questo viene riprodotto con cordicelle, quindi si procede al taglio del ferro, oggi eseguito con macchinari mentre una volta si usavano solo martello e scalpello.

Si passa quindi alla forgia dove il fuoco viene alimentato da carbone coke; la fusione si raggiunge a 800 gradi e a 1800 si esegue l�assemblaggio, che si può realizzare con chiodi e fascette o con la saldatura.

Alla fine il pezzo viene verniciato, dopo essere stato trattato con l�antiruggine.

I prodotti finiti hanno un costo piuttosto elevato, poiché tutti eseguiti a mano, con molte ore di lavoro, da artigiani esperti e creativi.

Attrezzi impiegati:

incudine di piano stretto

"ccippu" = grosso tronco d�albero dov�è piantato l�incudine

forbici = per tagliare

forgia = muro sodo, sul cui piano orizzontale il fabbro arroventa con il fuoco il ferro

lima, marteddu, mazza, morsa, tinagghia

LA MASCALCIA

o arte della bottega del maniscalco a S. Filippo del Mela.

(I.S.A. di Milazzo)

L�attività, quasi scomparsa, è tornata in auge da un po� di anni per l�elevato numero di cavalli impiegato oggi nei maneggi e a scopo ricreativo.

La ferratura di un cavallo viene in genere praticata da una sola persona assistita da un aiutante in luoghi o stalle del possessore dell�animale, utilizzando "ferri" prodotti a livello artigianale o industriale._

Gli strumenti per applicare quest�ultimi sono rimasti quelli di sempre: ferro, martello, tenaglia, tagliaunghie, pinze, chiodi particolari ed un fornellino alimentato a carbone o a gas per riscaldare i ferri e poterli così adattare agli zoccoli dei cavalli.

Ogni artigiano inoltre correda il proprio set di attrezzi di pezzi particolari, al fine di rendere la ferratura unica e riconoscibile (ci appone così la propria "firma").

Attualmente è in corso una competizione che mette a confrontro i sistemi di ferratura dettati dalle vecchie scuole e le moderrne tecniche di mascalcia che si avvalgono di studi elaborati al computer.

A S. Filippo del Mela pratica tale attività da cinquant�anni, privatamente e a tempo pieno, "Don Nino" (anni 65) continuando il mestiere del padre, e forse la continuerà il genero.

L�ARTE DELLA LAVORAZIONE DEL MARMO

Laboratorio dei fratelli Barbera in via del Marinaio a Milazzo

(S. Elementare "Ragusi" del Tono di Milazzo e S. Media "Marconi" di Pace del Mela)

Il laboratorio marmistico visitato, denominato "Laboratorio arrtigianale, lavorazione del marmo e della pietra", di Gioacchino e Francesco Barbera, sito in via del Marinaio a Milazzo, è a conduzione familiare ed è in esercizio da 100 anni, cioè da 5 generazioni. L�attività di scalpellino viene svolta dal padre, il signor Giuseppe (pensionato), ormai solo per hobby, poiché è un impegno che richiede pazienza, applicazione, perizia e molto tempo.

Per questo l�attività è stata in gran parte abbandonata, non essendo più neppure molto redditizia. Nell�industria, invece, tale lavorazione è svolta a tempo pieno da quattro addetti, i due porprietari e due operai, in locali abbastanza recenti e adeguati al tipo di attività che si svolge.

Vengono lavorati marmi e pietre che provengono da tutte le parti del mondo: marmo delle Cave di Carrara, pietra verde del Guatemala, pietra bianca della Turchia, pietra rossastra dell�Iran, pietra nera assoluta del Sud Africa, pietra rosa del Portogallo, pietra verde antica di Grecia, Rosso di Verona, Onice, pietra di Siracusa, pietra delle Isole Eolie, pietra lavica dell�Etna.

Si lavorano scalini, soglie, pavimenti, tombe, lapidi con incisioni commemorative e funebri, caminetti, portacenere, colonnine (balaustre) impiegate a scopo ornamentale in parapetti, terrazze, scalinate.

Gli attrezzi impiegati per la lavorazione sono:

� scalpelli: utensili d�acciaio con un�estremità affilata, usati per lavorare il legno, la pietra, il metallo

� levigatrice: spazzola lucidatrice

� flessibile: apparecchio elettrico portatile che, utilizzando un disco flessibile di materiale abrasivo, è in grado di tagliare metalli e pietre

Ogni macchinario viene utilizzato per fasi di lavoro che si susseguono:

1� fase: Lucidatura. La lastra di marmo viene messa in una grande macchina fornita di un braccio elettrico che porta sulla punta una levigatrice. Questa, ruotando, lucida il marmo che viene continuamente baganto con getti abbondanti di acqua;

2� fase: Sezionatura delle lastre. le lastre vengono messe in una macchina fornita di un braccio elettrico, il quale porta un disco che le sezione secondo misure stabilite mentre esse vengono ancora bagnate;

3� fase: Rifinitura del prodotto lavorato con levigatrici utilizzate anche a mano.

Il ciclo produttivo è fornito da un impianto idrico che ha funzione ciclica. Da un pozzo profondo 20 m., l�acqua indispensabile alla lavorazione del marmo viene aspirata e fuoriesce con getti abbondanti da fori situati nelle varie macchine funzionanti. L�acqua utilizzata, infine, arriva in un filtro, il "pozzo di decantazione"; dove viene aspirata da un pompa che la manda in un attrezzo particolare che la separa dai fanghi, purificandola.

La segatura di marmo impastata con l�acqua non deve disperdessi nel terreno perché contiene degli acidi nocivi (che sono stati utilizzati nella fase della lucidatura del marmo).

Messa in particolari sacchi, essa viene mandata a Palermo, come anche i rottami che vengono portati in una discarica del luogo (industria di Bellolampo).

L�ARTE DELLA LAVORAZIONE DEL MARMO: LO SCULTORE-SCALPELLINO

Il laboratorio artigianale di sculture visitato, è situato nella zona storica di Milazzo, in via Duomo - salita Castello. Il titolare del laboratorio è il Signor Stefano Cartesio che ha iniziato la sua attività nel 1992, anno in cui, quasi per gioco (una scommessa fatta con un caro amico), scoprì la sua vena artistica realizzando piccole conchiglie con l�utilizzo della pietra di Siracusa.

Col passare del tempo, la passione per la sua nuova attività crebbe e le sue sculture divennero sempre più perfezionate e complesse.

Lo scultore osserva per diversi giorni la pietra da taglio da scolpire, poi, comincia la lavorazione del blocco quasi sempre dalla parte superiore, dando inizio alla sua creatività.

Il Cartesio ha scolpito un gran numero di opere molto significative con soggetti diversi e originali: conchiglie, angeli, pescatori, anfore, fontane ed opere varie.

Una delle sue più belle opere è la fontana situata nella piazza del Casinò di Montecarlo.

Egli impiega vari tipi di pietra che provengono da diverse località:

� pietra di Lecce, molto dura e resistente di natura calcarea

� pietra arenaria (Montalbano Elicona), molto dura e costituita da elementi sabbiosi

� pietra etrusca, dura e resistente

� marmo bianco di Carrara

� pietra lavica durissima

� pietra di Noto, morbida e friabile, dal colore giallo paglierino

Gli attrezzi utilizzati per la lavorazione sono:

� scalpelli: utensili d�acciaio con estremità affilate, utili alla lavorazione del marmo e della pietra

� sega per pietre, attrezzo per tagliare la pietra facendovi penetrare con movimento alternato una lama d�acciaio

� mazzuolo: arnese dello scalpellino, simile a un martello, per battere sullo scalpello o sulla pietra

� lima: utensile formato da una sbarretta d�acciaio dentata e rigata che serve per lisciare e sagomare la pietra.

 

OSSIDIANA

Vi operano attualmente la Pumex S.p.A. di Canneto, la Italpomice di Acquacalda e la Cooperativa San Cristoforo di Canneto.

Vengono prodotti souvenir e oggetti vari (topolini). L�estrazione avviene con bulldozer, ruspe, nastri trasportatori.

ARTE FUNERARIA A MILAZZO

(S. Media "Zirilli" di Milazzo corso C)

"Attraverso i ricordi del sig. Marzo, custode del cimitero di Milazzo, abbiamo ricostruito l�attività degli artigiani Lo Schiavo e Ruvolo, i quali operavano nei primi decenni del Novecento nelle rispettive botteghe, site in piazza San Papino e in via M. Regis, a Milazzo.

La loro attività era a conduzione familiare con la collaborazione di pochi apprendisti. Gli ambienti di lavoro erano costituiti da piccoli capannoni che utilizzavano per custodire gli attrezzi, mentre svolgevano la loro attività prevalentemente all�aperto, al riparo di una semplice tettoia.

Oltre alle sculture che si possono ammirare al cimitero di Milazzo e che sono state oggetto della nostra ricerca, documentata fotograficamente, i suddetti artigiani eseguivano lavori in ville padronali, soprattutto statue e fontane, restauri di antichi altari in marmo policromo ed altri lavori in marmo per abitazioni signorili.

Gli attrezzi impiegati erano il mazzuolo, scalpelli di vario tipo, la bucciarda (strumento per realizzare superfici a buccia d�arancia), la pietra smeriglio (da sgrossamento e rifinitura); mentre, le macchine impiegate erano: la macchina levigatrice, con raffreddamento ad acqua per finitura di superfici piane; la macchina a banco con disco, munita di gocciolatoio dell�acqua per il taglio del marmo.

L�attività dei due artigiani si inseriva nel contesto dell�edilizia milazzese, particolarmente florida agli inizi del Novecento, di cui rimangono molte testimonianza: soffitti decorati con stucchi, facciate con motivi floreali ed altre decorazioni, lavori in ferro battuto...

La vivacità di tali attività artigianali è attestata da alcune cappelle del cimitero di Milazzo, che si distinguono per l�eleganza delle decorazioni e della struttura architettonica.

Nel corso della nostra ricerca abbiamo voluto fotografare, oltre alle opere di due artigiani del marmo, alcuni lavori eseguiti da maestranze locali per il cimitero di Milazzo, cui è stato riconosciuto l�appellativo di "monumentale" per la bellezza e il valore artistico delle opere in esso presenti."

L�ARTE DEL FALEGNAME/EBANISTA

�U fallignami, o mastru d�ascia,

lu lignu serra, li lignu smascia:

pialla cu lena e occhiu attentu;

�llisca ogni pezzu cu sentimentu.

Marteddu e chiova, codda e strutturi,

travagghia seriu, cu tanti amuri.

E s�iddu è bravu fa� l�ebanista,

cu mobili belli, c�allegrunu a vista.

Bottega di Garagliano Lorenzo in via Umberto I a Milazzo

(S. Elementare S. Cuore: classi I e III)

L�artigiano ha ereditato l�attività del padre ed è coadiuvato nel lavoro da un apprendista. Il locale, riadattato secondo le normative di sicurezza, è al P.T. di un palazzo del centro storico. Vengono prodotti su ordinazione: infissi, porte, mobili, e si eseguono inoltre lavori di restauro.

Per il lavoro sono utilizzati svariati mezzi: sia attrezzi a mano che macchine utensili da banco e portatili.

Attrezzi a mano: pialle, sponderuole, incorsatoi, trapani, rasiere, seghe, raspe, lime, morsetti, punteruoli, compassi, raschietti

Macchine utensili ad energia elettrica: sega a disco e a nastro, trapano portatile, tornio, seghetto e pialletto portatile.

Le diverse varietà di legno, in tavole, usate per la lavorazione, provengono da alcuni depositi di commercianti locali che si riforniscono anche all�estero.

Per la ricerca sono stati consultati i seguenti testi:

"Il legno e l�arte di costruire mobili e serramenti"

Enciclopedie multimediali

Enciclopedia Universo

Attività in via Umberto I a S. Lucia.

È condotta privatamente dal titolare (anni 50) che lavora da solo, più per hobby che a scopo di lucro, utilizzando gli attrezzi manuali ereditati dal padre per realizzare infissi e piccoli mobili per uso personale.

Gli attrezzi usati sono: la raspa, la pialla, la cornice a mano per eseguire gli intagli negli infissi, il trapano a mano, il "signaturi", lo stritturi, la virrina, il "puntaloru", la "cassa-signaturi", "cumpassu", "serra a picu" (sega lunga), "serra a mano".

Attività a S. Lucia in via S. Michele.

Anche questa è svolta dal titolare (45 anni) per hobby e con i vecchi strumenti manuali, in un locale di antica costruzione, piccolo e inadeguato.

Qualche volte espone nelle fiere ed ha partecipato a varie mostre. Esegue oggetti in parte lasciati allo stato grezzo, altri verniciati, fra essi un oggetto tipico del luogo:

"a ciaschera", utilizzata nel passato dai pastori e dagli agricoltori per conservare vino o acqua. È ricavata da un unico pezzo di "gelso nero", scavato da una sola parte, chiusa poi da una base.

Il collo è molto stretto e, per consentire la pulitura del contenitore, vi si inserisce dentro una pallina di legno.

Strumenti utilizzati:

pulitore, raspa, ascia = per fare i cucchiai;

stampini = per decorare il legno

subia e cavatoio = per scavare

trapano a girello = per fare i buchi

ascia = per appuntire

sciumi = serviva per fabbricare i piatti di legno (cuppa)

scubia = per allargare il legno

compassu, verrina, tondino = per realizzare forme tonde

mazzotta = grosso martello

"Don Salvatore", falegname a Torregrotta.

La bottega, non più in esercizio, conserva ancora le pareti attrezzate di tutti gli strumenti e di tutti i materiali necessari all�attività: mensole cariche di cassettine per chiodi, viti, etc., attrezzi vari, barattoli di vernice, pennelli; appesi mazzi di trattenute e guarnizioni, carrucole, squadre e squadrette, asce, martelli di legno e di ferro, lime, punteruoli, scalpelli, seghe; sui ripiani tanti "ghianozzi" (pialle) di varie misure in legno e in ferro, morsetti di diverse dimensioni, seghetti, "serraccu", mazzi di chiavi, cartelle e stencil decorativi ed anche la cosiddetta "spotta", dove il falegname riponeva gli attrezzi in caso di lavori fuori dalla bottega.

Al centro della stanza "domina" ancora il bancone in legno con scanalatura per tenere gli attrezzi e la morsa per tener fermi gli oggetti da lavorare.

LA SEDIA NELLA STORIA.

Fra gli oggetti e gli utensili inventati dall�uomo, per appagare i suoi bisogni e per rendere più agiate le sue condizioni di vita, c�è la "sedia". Nella storia essa ha subito molte modifiche e tasformazioni, dal trono reale fino a giungere agli altri modelli che cercano di essere sempre più funzionali.

Nell�antichità si usavano sedie in pietra, a volte scolpite; l�uso del metallo sembra sia iniziato con gli Egizi che costruirono sedie, con o senza braccioli e piccola spalliera molto decorata, con le gambe fortemente ricurve terminanti con piedi a forma di zampa d�animale e sedile completato da un cuscino di stoffa.

Gli Etruschi usavano sedie a spalliera di linea assai aggraziata; quelle dei Greci e dei Romani invece erano soprattutto senza spalliera, pieghevoli con forma ad X. I comandanti militari romani usavano negli spostamenti la sedia detta "Castrense", mentre i magistrati (i Curuli) adoperavano la sedia "Curule", pieghevole e ornata d�avorio.

Nel Medioevo prevalse lo sgabello a forma triangolare o rettangolare in legno rustico, molto sobrio e montato su piedi inclinati e lisci, completato talvolta da semplice spalliera. Solo presso la corte feudale o gli alti prelati si usava il "Faldistorio", sedia in metallo con cuscini e schienali laterali di stoffa.

Nel Rinascimento la Sedia assunse forma raffinate perché decorata ed intagliata con gusto ed eleganza . Il popolo continuava però a servirsi di semplici sgabelli a pianta ottagonale, su tre piedi, detti "strozzi".

In questo periodo si affermarono due sedie particolari: la "Savonarola" e la "Dantesca" la prima spesso pieghevole, costituita da elementi incrociati a forma di semicerchio e come spalliera una striscia di cuoio o una tavoletta di legno; la seconda caratterizzata dal sedile e dallo schienale in cuoio liscio o decorato, arricchito da frange e galloni.

Nel 1500 nacque la sedia con dorsale a stecche o colonnette riunite, detta "Andrea del Sarto", trasformatasi due secoli dopo nella poltrona inglese Windsor Chair" e nella sedia laccata veneziana. Nel 1600 nelle case degli aristocratici, per proteggersi dalle correnti d�aria presso il camino, si utilizzavano solenni seggioloni provvisti di braccioli e di schienali alti.

Il gusto barocco del 1600, e successivamente nel 1700, portò ad una maggior ricercatezza nelle forme ed una maggior ricchezza del materiale. la sedia assunse linee morbide e sinuose, con schienale corto e traforato, gambe ricurve, sedile imbottito o impagliato.

Era ricca di decori, intagli, dorature, pittura a lacca, intarsi metallici o d�avorio. Nel 1700 entra nel salotto come parte integrante, rivestita con la stessa tappezzeria dei divani, delle poltrone e delle pareti delle stanze. Presso il popolo si diffuse invece la sedia di "Canna Curvata" o di "Vienna", con sedile e schienale lavorati in bambù, che oggi spesso troviamo nei mercatini d�antiquariato.

Dai primi anni del �900 fino ai giorni nostri, si è andata affermando la tendenza ad utilizzare forme sempre più semplificate e nuove linee, con utilizzo di materiali innovativi, tra cui l�acciaio e altri metalli, cristallo, e più recentemente, materie plastiche, realizzate in fabbrica su disegno dell�architetto.

L�artigianato delle sedie, un tempo fiorente, è oggi così in via di estinzione, perché si preferisce l�acquisto di nuove sedie fabbricate in serie, e più economiche, alla riparazione di quelle usate.

In Sicilia i pochi artigiani "seggiari" che sopravvivono, utilizzano per la riparazione delle sedie la "typha", pianta spontanea che tuttora cresce negli acquitrini o sulle rive più basse dei corsi d�acqua o degli stagni.

ALCUNI TIPI DI LEGNO E LE LORO PRINCIPALI UTILIZZAZIONI

ABETE

ACERO

CEDRO

CILIEGIO

DOUGLAS

EBANO

FAGGIO

FRASSINO

LARICE

MELO

MOGANO

NOCE

OLMO

PADUK

PALISSANDRO

PALMA

PERO

PIOPPO

PLATANO

QUERCIA

ROBINIA

TEAK

ULIVO

BICKORY

OKOUME�

PITCH PINE

carpenteria, falegnameria, imballaggi, pali

falegnameria, ebanisteria

imballaggi, falegnameria, scultura

mobili, liuteria, impiallacciature

falegnameria, pasta di legno

intasio, tasti di pianoforrte, strumenti musicali

carrozzeria, mobili, impiallacciature, legni curvati

sci, impiallacciature per ebanisteria, carrozzeria, legni curvati

carpenteria, falegnameria

incisione, scultura, ebanisteria

ebanisteria, impiallacciature, imbarcazioni

impiallacciature, mobili, scultura, calci di fucile

carri, legni curvati, compensati

falegnameria, ebanisteria, impiallacciature, coltelleria

ebanisteria, impiallacciature, tornitura

ebanisteria

incisione, scultura, ebanisteria

ebanisteria, falegnameria, compensati, imballaggi leggeri

falegnameria, impiallacciature, calci di fucile

impiallacciatura e altro uso

carri, doghe, pali da vigna

costruzioni navali, recipienti per uso industriale,

tornitura, scultura, marquetiere

sci, mazze da golf, spolette

carpenteria, opere idrauliche, costruzioni navali,

recipienti per uso industriale

 

IL CALZOLAIO

"Botteghe piccole, col desco, lesine, martelli e cuoio.

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Allora le botteghe erano luoghi d�incontro (caldi per fiati e accoglienti come ventre materno) per fannulloni, ragazzi, aedi, viandanti, mercanti, allorché fuori fischiavano i venti di disposizioni contrarie."

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(Da "Cento Sicilie" di Bufalino)

 

"Lu mastrru scarparu travagghia li scarpi:

cuci li petti, �mpuntina i tacchi ...

A la banchitta, friscandu, ma attentu,

batti e ribatti li soli cuntentu.

E cu la lecina passa lu spau:

quand�era piccittu si lu �nisignanu."

(Nino Celi)

Calzolaio di Pace del Mela
(Scuola Elementare - Pace del Mela - Classi IV A e IV B)

L�attività in oggetto è svolta tuttoa dal Sig. Grillo Giuseppe in un locale ristretto e poco adeguato sito in via Roma n� 23. Il laboratorio è a conduzione privata e l�artigiano opera individualmente.

Gli strumenti utilizzati per il lavoro sono:

martello "a pinna": lungo circa 25 cm., presenta una testa, a forma di rotella appiattita, e una penna ricurva, affusolata, ma non tagliente, utilizzata per far aderire singole parti, "pi �ncasciari"

� forma per scarpa - "furma i ferru": strumento per riparazioni composto da una forma vera e propria, sulla quale viene montata la scarpa capovolta, e da una base snodabile ("a piatta"), incurvata ai due lati perché la si possa appoggiare sulle gambe

forma per stivale - "gammale": chiamato anche "palu i ferru", è utilizzato per la riparazione degli stivali; esso consta di un ferro piatto, che riproduce la forma del piede e di un�asta molto lunga che viene tenuta in mezzo alle gambe

stecchetta: attrezzo per spalmare la cera

� rotellina di tacco (rifinitrice): rotella di ferro con la quale si realizza un disegno a puntini

brogna: spatola d�acciaio ricurva che separa i punti nella suola, formando una bordura seghettata a giro della scarpa

trincetto: utensile con lama particolarmente affilata, usato per tagliare la pelle

punteruolo: attrezzo di circa 8 cm., a punta rotondeggiante, utilizzato per ribattere chiodini o per piantarne di nuovi. Viene chiamato anche "puntiddu"

� lesina: utensile per fare i buchi

� tenaglie

"pirciaturi": utilizzato per realizzare l�allacciatura delle scarpe, "u pirciaturi" è una sorta di tenaglia munita, in una delle due bocche, di una rotella dentata, portante sei chiodi cavi di diverse dimensioni (i càppisi). Sull�altra estremità della rotella si trova un bottoncino di rame, su cui viene appoggiata la pelle da forare ("a favietta" o "buttuni")

macchina in ghisa per applicare gli occhielli ai buchi per i lacci: utensile usato a seguito d� "u pirciaturi" per applicare gli occhielli di alluminio ("anilletti")

� spazzole per lucidare

lucido in lattina (una volta, per lucidare le scarpe, si usava il nerofumo delle pentole)

banchetto - "vanchiteddu": tavolino su cui l�artigiano opera con forma e martello

"Mastro Ciccio" calzolaio di Torregrotta:

Ecco i vari passaggi per la confezione delle calzature secondo la sua testimonianza:

  1. misurazione del piede a cui fare la scarpa;
  2. costruzione di un modello di carta che veniva poi convertito in tomaia;
  3. preparazione del materiale di base (pelle, cuoio, ecc.) che avrebbe costituito la parte superiore della calzatura
  4. la tomaia semilavorata veniva portata quindi da un cosiddetto "macchinista" di Spadafora che la cuciva con una apposita macchina;
  5. costruzione poi di una forma di legno su cui lavorare la calzatura e applicazione sul fondo del modello di un sottile strato di pelle, per costituire il rivestimento interno della scarpa;
  6. posa di una suola di cuoio e del tacco;
  7. dopo l�esecuzione dei fori con la lesina, cucitura per l�assemblaggio della tomaia con la pelle e la suola utilizzando ago e filo cerato (cioè passato nelle cera);
  8. rifinitura della scarpa, che ormai ha preso forma, con la classica filettatura tra tomaia e suola e aggiunta di eventuali fibbie, legacci o bottoni;
  9. lucidatura con spazzola e lucido.

Gli attrezzi impiegati per la confezione:

- forme di ferro per fissare i chiodini nella scarpa o per altre operazioni che necessitavano di un appoggio rigido;

- "banchitta", il classico banco di lavoro;

- "lesine", cioè i punteruoli;

- attrezzi per modellare la suola a creare la filettatura nel cuoio e diversi punteruoli per forarlo;

- aghi;

- "raspe" per levigare;

- trincetti di varie forme e misure per tagliare cuoio e suola e modellare la tomaia;

- martelli da calzolaio per fissare i chiodi, ma soprattutto per rendere più morbido il cuoio della suola, battendolo;

- attrezzo per fare i buchi a scarpe, cinture e cinghiette;

- spazzole per lucidare.

Materiale occorrente:

- cuoio e pelle

- tacchi, sottotacchi e tacchetti

- spago e filo

- fibbie, bottoni rapidi e legacci

- lucido e cera

Calzolaio di Scarcelli:

Svolgeva la sua attività in una piccola stanzetta al centro del paese. Faceva scarpe, scarponi, sandali, stivaletti per uomo e per donna; per le occasioni importanti li eseguiva molto raffinati e curati, mentre le calzature giornaliere le preparava robuste, con salvatacchi e salvapunte di ferro.

Per le persone che avevano qualche piccolo difetto ai piedi il calzolaio preparava prima le forme e su queste costruiva le scarpe adeguate. Per il postino, ai suoi tempi, fece un paio di stivaletti antipioggia, utilizzando chiodi di legno che con l�acqua si dilatavano e impedivano all�umidità di passare all�interno.

Gli attrezzi impiegati erano molti: strappachiodi, martello, trincetta, lesina, raspa, pinza a becco, tenaglia, bucatrice, forbici, forme di legno, forme di ferro, forme per allargare le calzature, attrezzi per lucidare, cera vergine e tanti altri.

IL BARBIERE

Cu so� camici iancu, lu mastru barberi

pari un dutturi di chiddi veri;

e lu faciia, �na vota, cu amici e canuscenti:

si ci �mbattia scippava li denti;

si vidia chi unu era rassu,

attaccava c�un beddu salassu.

Radi la barba, tagghia �i capiddi

e tutti l�omini li faci beddi.

E pi li fimmini c�è un parruccheri

chi pi bravura, non resta arreri:

tutti �i capiddi li sapi trattari

e nesci tagghi chi fannu pazziari.

A. Scarcelli (S. Elementare di Scarcelli - III classe)

Il barbiere fungeva da medico:

  • faceva i salassi,
  • toglieva i denti,
  • faceva le punture,
  • utilizzava certe strategie per far abbassare la febbre o curare l�influenza: con fumenti e mattoni caldi posti ai piedi del letto sotto le coperte.

LA LAVORAZIONE DELLA SETA A ROMETTA
(S. Media "Giurba" di Rometta)

Introdotta la coltivazione del gelso dagli arabi, la produzione della seta si diffuse rapidamente nei territori da loro occupati, compreso quello di Rometta, con alterni periodi di floridezza e di crisi fino al secolo scorso.

"Quasi tutte le donne del paese di una certa età hanno lavorato questo prodotto; e anche se questa antica tradizione è ormai scomparsa da tanti anni, noi non vogliamo che sia dimenticata e per questo siamo andati a trovare una anziana signora del luogo, che una volta si occupava della tessitura della seta. Abbiamo appreso che i bozzoli venivano importati dalla Calabria.

Le donne avvolgevano le uova in un fazzoletto e le tenevano al caldo sul seno; quando le uova si schiudevano erano poi i contadini ad occuparsi della custodia dei bachi.

Come sappiamo, la vita del baco si compie in quattro stadi: uovo, larva, ninfa o crisalide e farfalla. Quando i bachi attraversavano la fase di crisalide, i bachicoltori preparavano la "salita al bosco": i bachi venivano posti sulle "cannizze" dove c�erano sistemati dei rametti di erica che facevano da sostegno alle foglie di gelso. I bachi salivano attraverso i rametti di erica e si nutrivano voracemente delle foglie.

In questa fase essi cominciavano a secernere dalla bocca un filamento gommoso da cui a poco a poco venivano avvolti, formandosi così i bozzoli.

Questi allora venivano immersi in un recipiente pieno di acqua calda (a 70-80�), chiamato "�mposta". Dentro l�acqua calda la sericina, la sostanza gommosa che teneva uniti i fili, si scioglieva e si liberavano quindi i fili di seta che venivano tirati fuori dal recipiente con la "schiumarola".

Cominciava allora la fase di lavorazione per ottenere il filato; veniva usato a questo scopo il "manganello", un attrezzo a forma di ruota attorno la quale si avvolgeva il filato, in quantità variabile secondo la grossezza che si voleva ottenere.

La seta così ottenuta si "incannava", cioè si avvolgeva su delle canne che erano di due tipi: "cannoli" e "canneddi", i primi, più grossi, erano lunghi circa 10-12 cm.; i secondi, più piccoli, 6-7 cm.

I "cannoli" venivano posti in senso verticale, in numero di 34 oppure 36, sul telaio (per l�orditura), stabilendo così la larghezza del tessuto, corrispondente a circa 35 oppure 42 cm. Tale procedimento veniva chiamato "ramone".

I "canneddi" servivano per fare la trama; venivano messi uno alla volta dentro la "navitta", e avveniva quindi la tessitura . Il tessuto ottenuto serviva soprattutto per fare stacci per la farina ("i crivi")), che erano costituiti da un telaio di legno su cui veniva fissato il tessuto di seta".

- In genere la materia prima veniva mandata a Messina, famosa anche all�estero per i suoi broccati e le sue preziose lavorazioni, e qui veniva lavorata per creare appunto le sete ricercate da tutti i mercanti in cambio di altre merci (vedi documenti allegati).

Schema di telaio a mano con tutte le sue parti:

 

(da "Le famiglie di Rometta" di G. Ardizzone Gullo)

"Non bisogna dimenticare che Rometta, essendo città demaniale e quindi non soggetta al potere baronale, favoriva l�insediamento, nel suo territorio, degli esponenti della nobiltà messinese.

Costoro per motivi politici o economici preferivano ritirarsi tra i monti in un piccolo centro dove potevano, più facilmente controllare la vita pubblica ed al tempo stesso amministrare importanti spezzoni di terra che producevano grano, olio, vino e foglia di gelso, prodotti di primo piano nella economia siciliana di quei secoli. Esisteva a Rometta una serie di impianti agricolo-industriali, quali mulini, palmenti, frantoi e manganelli per l�allevamento del baco da seta, il cui apparato veniva chiamato "arbitrio di nodricato".

La cittadina era ricca di artigiani che lavoravano la seta."

 

(da "L�Arte della seta...." di A. Picciotto, Soc. Mess. di Storia Patria)

"Però il potente Ruggiero avendo portate nella Grecia le sue armi, venne in conoscenza della coltura dei gelsi, e dell�educazione dei bachi, e di là oltre le ricche prede trasse i maestri, che sapevano tessere i drappi di seta, e seco li condusse in Sicilia."

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"Da quest�epoca le campagne di Messina si videro per grandi estensioni ombreggiate di gelsi, e la coltura del baco, prosperando su larga scala, diede la spinta alla fattura delle bellissime e numerose stoffe, delle quali tuttora conserviamo gli avanzi.

Quindi Messina, divenuta sede di questa ricchissima industria, i cittadini tutti di ogni condizione, avanzando in ricchezze, sfoggiavano nei loro abiti di tale lusso di seta, che spinse Gervasio Tornacèo scrittore del secolo XIII a dire nei suoi prolegomeni alla storia di Ugone Falcando, che nella nostra città il vestirsi di seta era così generale, che anche la usavano gli uomini di bassa condizione, e formavansi delle coperte per cani e cavalli."

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"Nel prosieguo dei tempi e specialmente nel secolo XV, decaduta in Sicilia, forse coll�introduzione dei vestiti di lana, la industria dei serici drappi, Messina attratta dai grossi guadagni, che ricavava nelle varie piazze di Europa colla vendita dei suoi ricercatissimi bozzoli, pare che abbia trascurato, come tutto il resto dell�isola, di tessere le sue stoffe, contenta di spedire nelle principali piazze commerciali estere le stragrandi produzioni di sete grezze, che produceva il fertile suo territorio."

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"Or questa esportazione di seta grezza nel nostro porto succedeva in sì vaste proporzioni, perché essa in quei tempi era sommamente pregiata, per come lo confermano il Fazello, Mario Arezio ed altri storici, e per ciò stesso avidamente ricercata; tanto che non bastando le numerose navi delle varie nazioni a provvedere le rispettive piazze dei nostri serici prodotti, i Messinesi, sempre coraggiosi nelle commerciali intraprese, li caricavano sulle proprie navi, li trasportavano e vendevano nelle estere piazze, dalle quali ritornavano ricchi di quelle merci di che abbisognava la città."

L�ARTE DEL RICAMO E LE RICAMATRICI

"Cu lu tilaru si tesci e si fannu linzola

pi ddutarli poi a la bbedda figghiola,

Cu linu si fa puru la salodda,

cu prima si marita, si la porta.

Dicci na figghia: "Mi vogghiu spusari!"

E la salodda mi vogghiu purtari!""

A LIPARI

(ITCG di Lipari)

L�attività è a conduzione familiare e religiosa, anche se quest�ultima è in disuso (suore francescane di Lipari).

Oggetti prodotti: centrini, cuscini, paralumi, etc.

Attrezzi usati: uncinetto, arcolaio, telaio, avvolgi-matasse

A MILAZZO (Distretto Sc.)

Maria Feminò (anni 43), autodidatta, ha ricamato per il negozio di Pietro Cucinotta a Messina fino alla morte di questo avvenuta qualche anno fa (il genero, succeduto nell�attività, non commissione più lavori di ricamo artigianale) ed ora esegue lavori per privati: tovaglie, asciugamani, parure da letto, camicie.

Utilizza i vari punti dall�intaglio al filet, ma la sua passione è il punto "pittura" ottenendo le gradazioni di colore, non usando filo sfumato, ma con la sovrapposizione di tanti fili Moulinè a tinte diverse. Non fa uso di telaio perché ritiene che sfibri il tessuto, specie se delicato, e rovini le parti di ricamo già eseguito.

A S. LUCIA DEL MELA (S. Media "Galluppi" di S. Lucia

Le Artigiane intervistate a S. Lucia del Mela (anni 74, 50 e 33) lavorano per hobby in casa, nel centro storico. Appassionate e desiderose di mantenere tradizioni che rischiano di andare perse, tengono gratuitamente corsi di ricamo, soprattutto durante l�estate, per donne giovani e meno giovani, desiderose di imparare quest�arte antica ed avvincente.

Tale attività offre inoltre una significativa occasione di aggregazione e riappropriazione di usi e tradizioni che hanno caratterizzato la vita del paese.

Gli oggetti fotografati sono asciugamani di stoffa realizzati a telaio "filo a filo", oppure di filo di cotone, che oggi non si trova più, una coprifedera un tempo molto in uso vecchia di 150 anni e lavorata a punto griglia, un centrino a punto intaglio.

Fasi di lavorazione del punto griglia, molto antico:

1 - si sfila la stoffa per circa due cm.

2 - si esegue il punto a giorno da ambedue i lati

3 - si mette sul telaio e si collegano i fili a due a due per poi collegarli ad altri

4 - si lavora seguendo lo schema del disegno che ricorda una griglia

Fasi di lavorazione del punto intaglio:

1 - si esegue il disegno

2 - si imbastisce lungo la linea del disegno e si esegue il punto festone

3 - si lava;

4 - si stira al rovescio;

5 - si intaglia

Attrezzi impiegati: ago, filo, telaio, forbicine, ditale e copridito

A PACE DEL MELA

(S. Elementare di Pace / classi IV A e B)

L�Artigiana intervistata (anni 83) ha svolto, e svolge tuttora, l�attività in forma privata nella propria abitazione. Realizza e vende lavori ad uncinetto: copriletti, centri, inserti a filet, tovaglie; ed altri ricamati invece ad ago: parure da letto, da tavola, da bagno, tende e arredi religiosi.

Sa eseguire lo sfilato siciliano (cinquecento), la rete e vari tipi di punti ad ago: erba, pieno, punto in croce, occhiello, intaglio, inglese, rococò. Usa telaio, ago, forbici, uncinetto, ditale.

Bottega di ricamo dell�Esternato delle suore di Torregrotta
(Liceo Sc. Spadafora III C)

(notizie fornite dalla Superiora delle suore)

Per la realizzazione dei parametri sacri esse compravano il tessuto, principalmente di seta, il filo d�oro e di seta, eventuali decori d�oro e preziosi e pastelli colorati.

Una volta steso sul telaio, sul tessuto si disegnava un modello a matita che poi veniva ripassato con ago e filo: nasceva così il vero ricamo che poteva essere poi accompagnato anche da decorazioni ottenute con i colori a pittura.

Terminata questa fase il tessuto poteva, se necessario, anche essere foderato dal lato interno.

Per il ricamo, eseguito rigorosamente a mano, erano usati pochi attrezzi: il telaio su cui tendere il tessuto (foderato per non rovinare la tela), gli aghi, i rocchetti su cui arrotolare i fili che generalmente erano venduti a matasse, il filo, i piccoli decori d�oro e i preziosi; il resto era tutta abilità a fantasia.

Le parole "ricamare, tagliare e cucire", che possono riassumere l�intera fase di lavoro del ricamo, sono state assunte nel tempo come espressione per indicare i pettegolezzi, il "cuttigghiu", poiché le ricamatrici, restando ore ed ore sedute assieme a lavorare, chiacchieravano e spettegolavano, e come ricamavano, tagliavano e cucivano il tessuto, così tagliavano e cucivano sulle "botte di cuttiglio".

Lavorazione tessuti, corredi ricamati a Saponara
(S. Elementare "G. Verga" di Saponara / classi 3� A e B)

Punti impiegati:

  • Filet al �400 che si lavora al telaio dopo aver sfilato il tessuto;

  • - Punto intaglio e punto festone. Si lavora su stoffa disegnata con le dovute travet tine, a ricamo ultimato si intaglia;
  • Lavorazione ad "Arlecchino". Si ottiene utilizzando diversi punti: cordoncino, imbottito, punto in seta, punto raso, punto erba.

Bottega del ricamo a S. Cono, frazione di Rometta
(L. Scientifico di Spadafora / classe IV C)

�A signura chi raccama, ugghia, filu e tilarreddu,

lu curredu, lu faci beddu.

E �a figghiola, ch�è cuntenta,

già �u maritu si lu �nventa.

"Anche questo tipo di bottega è in via di estinzione: è sempre più raro infatti che ragazze si incontrino il pomeriggio a ricamare, come accadeva una volta. L�arte del ricamo richiede molta precisione e molto tempo.

I tempi di realizzazione del ricamo per un lenzuolo dipendono dal tipo di disegno e dall�abilità dell�artigiana: solitamente, per finire un solo lenzuolo, si impiega una "quindicina", mentre per completare una parure completa un mese e mezzo circa.

Il materiale e gli attrezzi impiegati:

  • tela di cotone, che per un lenzuolo deve essere circa di m. 2,40
  • telaio in legno per fissare la parte di lenzuolo da ricamare
  • la carta carbone per stampare la decorazione
  • un punteruolo per ricalcare il disegno sul lenzuolo
  • ago e filo di seta che può essere di vario colore

GLI "ANGIOLETTI D�ORO" A S. PIER NICETO

Alla statua del "Crocifisso" della chiesa di S. Giacomo a S. Pier Niceto è associata una particolarissima processione che si svolge solennemente il martedì precedente la Pasqua, e che viene replicata poi il Venerdì Santo durante la processione delle "varette".

Il "Cristo", adornato con fiori di colore rosso (generalmente rose) e rami di cipresso, distribuiti poi ai fedeli alla fine del rito, sfila preceduto da bimbi vestiti da Monachelle, Angioletti e Angioloni, nell�ordine.

Le origini del rito non sono individuabili per la carenza di documenti storici inerenti al paese, ma un piccolo indizio ci è offerto dalla notizia che una processione, pressocchè uguale, si svolge tutt�ora a Siviglia, in Spagna, durante la Settimana Santa.

La presenza degli Angioletti, i veri protagonisti della manifestazione, anche se in genere molti piccoli e di età tra i 3 e 5 anni (Monachelle e Angioloni sono invece più grandi), caratterizza fortemente la annuale processione, che viene infatti "giudicata" in relazione al loro numero e alla ricchezza dei loro vestiti, tutti ricamati con monili d�oro.

Il legame tra il "Cristo" e gli "Angioletti" viene espresso scenograficamente dai nastri colorati che uniscono la statua ai bambini, una volta tanti quanti erano i bimbi e spesso coi colori associati ai singoli vestiti. Negli ultimi anni, per le difficoltà organizzative create principalmente dal percorso relativamente breve, ma reso arduo dalla particolare orografia del paese (strade strette ed erte), sono stati ridotti a due soli, di colore rosso, che delimitano la sfilata.

L� "occasione" della vestizione di un bimbo/a viene data dalla volontà di una coppia (che non sono necessariamente i genitori del bambino) di "sciogliere" un voto fatto, assumendosi l�impegno della realizzazione del vestito e della raccolta delle gioie, in famiglia o nella cerchia di amici e parenti. I monili, al momento della temporanea donazione, vengono catalogati e numerati per essere poi restituiti in modo agevole.

Il valore del voto, e il "prestigio" di una famiglia, viene quindi dato dalla quantità di oro raccolto; non per caso, quando invece dei ricami si usavano le fasce, queste venivano addirittura pesate. Viene inoltre ritenuto più valevole il voto legato agli Angioletti, rispetto a quello legato a Monachelle e Angioloni, proprio per la maggior quantità d�oro da reperire per i primi e quindi per la maggior responsabilità che ne deriva.

Il vestito degli Angioletti:

Generalmente di colore bianco, ma sono accettate anche le tinte tenui; corto sopra il ginocchio, con ali vere di colomba assolutamente bianche (v. nota) a simbolo di purezza, ed una coroncina in testa realizzata in genere con grossi colliers d�oro; le braccia, generalmente nude, fasciate da grandi bracciali d�oro.

La forma del vestito e le applicazioni, a carattere floreale, religioso, con simboli di colombe, cuori, etc. rispecchiano nel tempo il gusto dell�epoca e naturalmente quello della sarta che li realizza (sono almeno 10 le sarte che negli ultimi anni si sono occupate della esecuzione di tali costumi).

Fino agli anni �30-�40 il vestito era diritto con una fascia trasversale tutta ricamata d�oro. Dal peso di questa, come detto sopra, dipendeva il prestigio dello scioglitore del voto.

Negli anni �50 era semplice e svasato, come semplici erano le sue applicazioni.

Verso la fine degli anni �60 diventa molto elaborato, con tante applicazioni spesso slegate tra di loro. Il corpino è stretto e la gonna molto rigonfia.

Negli anni �70 si ritorna ad una maggior semplicità; mentre negli anni �70-�80 troviamo la presenza di un corpetto molto ricco ed elaborato, in contrasto con la relativa semplicità della gonna, segnata solo sul bordo da applicazioni lineari ed armoniose.

Il vestito degli Angioloni:

Generalmente di colore bianco, a maniche lunghe e lungo fino ai piedi; con ali grandi realizzate con tulle ed una coroncina in testa. la parte più preziosa è data dallo sprone disegnato coi gioielli, mentre le altre applicazioni del vestito sono eseguite in genere con bigiotteria.

Il vestito delle Monachelle:

Le Monachelle rappresentano le ancelle che confortano l�Addolorata. In passato infatti accompagnavano la statua dell�Addolorata nella processione della Domenica delle Palme, che partendo dalla chiesa di S. Giacomo giungeva alla chiesa Madre (per questo nelle foto notiamo che esse reggono sempre la "palma" intrecciata).

Da quando tale rito non si è fatto più, la statua dell�Addolorata con le sue "ancelle" sfila nelle processioni della settimana santa.

Il vestito è corto sopra il ginocchio, di colore nero con sprone bianco dove vengono applicati gli ori; in testa una coroncina di rose finte di colore bianco e rosa su una veletta bianca; alle braccia le "Cuddure" di S. Pier Niceto ed in mano la palma.

La "Donna Vana":

Un�altra figura presente alla pantomina della processione del Venerdì Santo, fino agli anni �30, era la "Donna Vana", la donna vanesia che rappresentava la Maddalena e sfilava accanto all�Addolorata. Fu poi abolita perché ritenuta troppo scandalosa e profana.

Per impersonarla veniva scelta in genere la ragazza più bella del paese, coi capelli lunghi (come viene rappresentata in genere la Maddalena biblica) e sui 18 anni.

Nella mano destra reggeva il pettine, nella destra un fazzoletto ricamato ed uno specchio, in cui si riguardava durante la processione; in testa portava una coroncina d�oro e un grosso fiocco adornava la sua lunga capigliatura. nelle due foto d�epoca reperite si nota come anche sul vestito della Donna Vana venissero applicati i gioielli e che, in una delle due, alle catenelle d�oro sono appesi tanti orologini, simboli forse del passare del tempo e quindi della caducità della bellezza.

Nota: Le ali degli "angioletti" di S. Pier Niceto, a differenza degli altri paesi, sono ali vere di colombe bianche, a cui vengono recise e poi messe sotto peso per una quindicina di giorni.

Fino a qualche anno fa, in alcuni casi, le ali venivano addirittura recise alle colombe da vive perché così, dicevano, rimanevano più tese e avevano maggior durata (assieme agli ori, diventava anche questo simbolo di prestigio per le famiglie dei scioglitori di voto).

Si compieva inoltre così, forse, un rito sacrificale di origini remote e pagane che si è protratto fino ai giorni nostri e che sembra, per fortuna, non venga più eseguito.

Ai scioglitori di voto a S. Pier Niceto è legata pure la processione della Madonna del Carmine, il cui mantello di rete, per l�occasione, viene tutto ricamato coi gioielli donati per voto dai fedeli. Anche qui, probabilmente, la magnificenza del monile donato, doveva rispecchiare il prestigio della famiglia del "donatore".

L�usanza di vestire i bambini per voto con gioielli, in occasione di feste, è presente, pur se in forma minore, in altri centri del Messinese: il Venerdì Santo la troviamo a Monforte (paese a cui S. Pier Niceto è stato legato fino a tempi recenti) e a S. Lucia del Mela, dove però sulla veste degli Angioletti (e precisamente sul cuore del corpetto) non vengono più cuciti tutti gli ori di una volta, per ovvi motivi di sicurezza; il giorno dell�Annunziata a Patti e all�Ottava di Pasqua a Gioiosa Marea dove sfilano Angeli e Verginelle.

Anche qui non si applicano più i monili sulle vestine, ma l�aspetto di una "Verginella" di qualche tempo fa è molto simile agli Angioletti di S. Pier Niceto, con la differenza che il vestito di quella è rigorosamente il vestito di una Prima Comunione.

L�ARTE DELL�OREFICERIA
Orafo a S. Lucia del Mela. (ISA di Milazzo)

L�artigiano ha una bottega in paese, lavora da solo anche su richiesta; esegue anelli, spille, oggetti di oreficeria in generre. Perrsonalmente si occupa della fusione dell�oro, del montaggio delle pietre, ecc.

La lavorazione della cartapesta
(S. Media "L. Rizzo / II A)

La bottega si trova a Milazzo a S. Giovanni ed è condotta dalla signora Patrizia di Bella (anni 41), solo con l�aiuto dei familiari, per la difficoltà di trovare apprendisti interessati a tale attività artigianale. La lavorazione della cartapesta non è particolarmente complessa:

  • si mettono a bagno per una settimana fogli di quotidiano (non di riviste, la cui carta è ricca di petrolio);
  • quando la carta si ammorbidisce e si sfalda, si strizza ottenendo una specie di pasta che si mescola con colla tipo Vinavil (o colle naturali come quella fatta con farina e acqua bollente, girata velocemente con la frusta);
  • per evitare che il prodotto si deteriori si aggiungono alcune gocce di antimuffa, ottenuto lasciando coperti al buio per una settimana aceto e chiodi di garofano, (oppure mettendo direttamente del Vernel perché tutti i detersivi contengono dell�antimuffa, o della vaniglia).

Ottenuto l�impasto, si prepara lo stampo dell�oggetto che si vuole realizzare. Con la cartapesta si possono costruire maschere, burattini, carri di carnevale, oggetti di arredamento o giocattoli per bambini.

Si può usare anche il metodo cinese che consiste nel sovrapporre strati di carta bagnati con acqua e colla: si ottengono così degli oggetti più leggeri e per questo tale metodo viene usato specialmente per la costruzione di maschere teatrali.

Si procede in questo modo:

  • con l�argilla si plasma una maschera che si spalma con vaselina per evitare che lo strato superiore si appiccichi;
  • si fa sopra una colata di gesso e quando questa si è raffreddata si toglie l�argilla, ottenendo così uno stampo in negativo;
  • si spalma anche questo di vaselina e si riveste quindi di strisce sovrapposte di carta bagnata con acqua e colla cercando di farle aderire molto bene;
  • appena queste sono asciutte, si toglie lo stampo e si ottiene così l�oggetto voluto.

Un�altra tecnica è quella delle fasce gessate che si fanno aderire al viso, per ottenere maschere personalizzate, o agli oggetti che si desidera riprodurre.

Dalla signora di Bella, oltre a queste notizie, abbiamo appreso anche che la tradizione della cartapesta risale ai Cinesi, che costruivano mobili, piatti, paralumi, etc.; che si diffuse poi in Marocco e in Grecia attraverso i rapporti commerciali, i viaggi e le guerre; i Greci vi costruivano maschere per il teatro e con la loro colonizzazione, fecero conoscere quest�arte anche in Sicilia.

Qui è stata utilizzata poi non solo per il teatro, ma anche per costruire carri di carnevale o per manifestazioni storico-religiose. A Milazzo in passato non c�era mai stata una bottega artigianale per la cartapesta, anche se si ha notizia di carri di carnevale costruiti durante il periodo fascista.

Nel �600 c�è stata invece una produzione di presepi; alcuni di questi si sono deteriorati nel tempo ed è difficile restaurarli per la differenza del materiale dell�epoca da quello odierno. Gli artigiani più poveri non usavano la carta ma i sacchi della farina e del pane.

 L'ambiente costruito: l'artigiano nelle sue molteplici mansioni e realizzazioni immagini

L'ambiente costruito: l'artigiano nelle sue molteplici mansioni e realizzazioni - [index]