L'ARTIGIANO NEL SUO AMBIENTE: IL MARE
La Pesca a Lipari
(I.T.C. di Lipari - classe III e IV B)"Abbiamo raccolto la maggior quantità di informazioni e fotografato pescatori e barche a Marina Corta, il porto principale della marineria liparese. In origine la pesca era praticata da singoli pescatori e da piccoli nuclei familiari; oggi si tende a praticarla con pescherecci attrezzati ed in cooperativa.
Ogni singolo, ed ogni nucleo, tendono a specializzarsi in un particolare tipo di pesca. Si ha così chi pratica la pesca d�altura (tonno, palamito, pesce spada) e chi pratica la pesca stagionale (gamberi, aragosta e calamari).
Vengono usate barche a vela latina e "vuzzareddi", palamitari. Il pescato viene in buona parte consumato sul luogo e fornito ai ristoranti, specie nella stagione turistica; in parte viene esportato e destinato all�industria conserviera-alimentare."
Attrezzi per la pesca:
Ontratu di calamara = ancora molto utilizzato per pescare calamari. È costruito con piombo circondato da seta bianca.
Ontratu di totani = rispetto al precedente questo attrezzo si presentava rafforzato da una trama di filo di ottone che si intrecciava come un cestello tra un amo e l�altro nella parte chiamata "cacciuffola"
Traina = oggetto ancora diffuso, costruito con lenza, amo e piume che hanno lo scopo di attirare i pesci col proprio movimento
Fiscina = ancora diffusa per infilzare i pesci dal fondo del mare e per prendere pesci di grosse dimensioni
Lampatara = utilizzata per attirare i pesci con una luce posta all�interno
Cruoccu nicu e cruoccu = ancora diffusi, servono per agganciare i pesci e viene usato l�uno o l�altro a seconda delle dimensioni dei pesci
Scalammaturi = strumento usato per liberare gli ami dagli scogli sul fondo marino
Zaffinera = grande arpione in ferro di circa 28/30 cm., articolato per la pesca d�altura di tonni e pesci spada. Assicurato alla barca attraverso un resistente cavo di corda, ed issato in cima ad una pertica robusta, si sfilava da questa una volta colpito il bersaglio. Una volta entrata nelle carni della preda, ai primi movimenti di questa, scattavano le due alette laterali che ne impedivano definitivamente l�uscita.
Altri attrezzi: vulintinu e piliusa; vulintinu i l�uopi; lenza pi tunnacchi; scalammaturi pi vulintina , salamu.
LE TONNARE
Per capire l�importanza che ha avuto la pesca nel Milazzese, e quindi tutte le attività collaterali che ne sono derivate (costruzione barche, nasse, contenitori, attrezzature varie, lavorazione del pescato, etc.), non si può non dare uno sguardo al gran numero di tonnare che sono state attivate nei secoli in questo territorio.
Si ricorda che in genere i complessi delle tonnare consistevano di un impianto a terra e di un impianto di pesca a mare.
Il primo era costituito da magazzini per i ricoveri delle barche, deposito reti e attrezzature della pesca, assieme allo stabilimento vero e proprio dove veniva lavorato il pesce; il secondo veniva impiegato come tonnara da "corsa".
LE TONNARE DI MILAZZO
(Scuola Elementare di S. Giovanni)
Milazzo, già dai tempi degli Arabi, ha visto succedersi qua e là numerose tonnare che nel corso dei secoli hanno dato lavoro e lustro agli abitanti del luogo, rispettando la vocazione naturale dell�ambiente.
Ricordiamo:
� la tonnara di Malpetito, calata dal 1606 al 1787;
� la Tonnarazza, risalente al 1700 e abbandonata nel 1750;
� la tonnara di S. Lucia, di recente memoria, sorta lungo la costa di levante, nella zona dell�Acquaviola (così chiamata perché le acque del mare, durante la mattanza, si tingevano per il sangue dei tonni). In funzione dal 1920 al 1938 circa, quando fu abbandonata per scarso rendimento economico;
� l�antichissima tonnara Grande del porto, le cui prime notizie risalgono al 1086 e che fu abbandonata alla fine del 1800 in seguito alla costruzione del molo artificiale;
� e ancora la tonnarella del Silipo a Vaccarella, e quella di Pepe o Capobianco; entrambi funzionanti dalla seconda metà del 1400 sino al primo ventennio del novecento;
� ai piedi del Capo la piccola tonnara di S. Antonino, attiva dal 1397 al 1948;
� infine sul litorale di ponente, alla "Ngonia", la tonnara del Tono, l�ultima tonnara fissa a scomparire. Sorta nel 1397, assieme a quella di S. Antonino, cessa l�attività marinara, per scarso rendimento, nel 1966.
Fra le principali cause degli scarsi profitti delle aziende delle tonnare è stata senz�altro la latitanza del passaggio dei tonni nel nostro mare e i motivi di questa sono molteplici.
Certamente sono intervenuti squilibri biologici dovuti a fattori di inquinamento, ma anche una certa trascuratezza da parte delle Autorità preposte nei confronti di un tale patrimonio di Storia locale.
Il tonno, lasciati i grandi golfi del Mediterraneo, appariva lungo la nostra costa alla ricerca dell�habitat ottimale (dato da acque più dolci e da alghe proprie) per deporre le uova, da maggio ad agosto.
Nel periodo da maggio a giugno, corrispondente alla fase pre-genetica, il tonno veniva chiamato "di vento" o "di corsa"; da luglio ad agosto, nella fase post-genetica, era "di ritorno".
I lavori della tonnara duravano 100 giorni, di cui 40 per la pesca effettiva e 60 per la sistemazione complessa delle reti e di tutta l�attrezzatura.
Il rais, termine arabo, indicava il capo dei pescatori, colui che dirigeva le operazioni della ciurma. Ai suoi ordini le caldaie si accendevano e le reti si tingevano di marrone scuro con lo "zappinu" (una polvere rosso-marrone) per trarre in inganno i pesci.
Alla tonnara del Tono le donne avevano il compito di rammendare le reti, ricavate dal cocco. Si radunavano sulla spiaggia se il tempo era buono, diversamente nella "loggia", il grande magazzino dove sarebbero stati POI portati i tonni pescati per le opere di pulitura.
Le imbarcazioni stavano lì in attesa di essere caricate di ancore, ormeggi, reti e cordame. I marinai, prima di iniziare il rito della pesca, si radunavano nella piazzetta davanti alla chiesetta di S._Filippo e Giacomo per ricevere la benedizione impartita loro da un cappuccino._
A Vaccarella, invece, i pescatori si ritrovavano davanti alla chiesa di Sant�Andrea, santo considerato loro protettore e di cui una piccola statua è tuttora esposta in una teca sul Lungomare, di fronte alla chiesa ormai in rovina.
Al sacro si mescolava poi anche il profano, poiché al primo si accompagnavno spesso riti scaramantici in auspicio di buona pesca e contro le maledizioni degli avversari (a tal scopo si portavano dietro, su una delle barche, una "maiarca" (megera) vestita da "masculu" poichè, secondo le credenze popolari, le femmine sulle barche portavano iella).
Il mare ideale per la discesa a mare doveva essere increspato, allora i palischermi venivano disposti secondo lo schema prestabilito per la mattanza, per creare così, con grosse gabbie, le camere della morte. I tonni che vi entravano non potevano più uscirne e venivano arpionati.
I marinari osannavano "Salutamu li nomi di Gesù" e un colpo di cannone annunziava ai cittadini la copiosa pesca; veniva esposta inoltre sulla "muciara" una bandiera il cui colore stava a indicare il tipo di pesce preso: bianco per il pesce spada, rosso per il tonno.
All�attività marinaresca era strettamente legata quella artigianale, prima quella di produzione di oggetti e attrezzature varie per la pesca (barche, reti, nasse, ecc.), poi quella della lavorazione del tonno e della sua conservazione.
Il "gruppo di terra", preposto a quest�ultimo compito, era composto da fanti, re di coltello, annattatori, scinditori, salatori, barilari.
Il tonno veniva "scartato": da occhi, cozzili, caracozza e mascellari, si ricavava un salato molto richiesto sul mercato eoliano; le spine e il tritume venivano ridotti in cenere (bagàno) per essere venduto come concime per gli ortaggi delle campagne; il fegato era destinato all�industria farmaceutica sia locale che nazionale. Dalle pinne e dalle branchie si estraeva un olio venduto per le concerie.
Il capo maestro dell�arte di mare, il "caporale", aiutato dagli uomini pratici del mestiere, selezionava quindi le parti del tonno da salare. L�inizio della lavorazione del tonno sott�olio si fa risalire al 1890.
(Per le informazioni ricevute si ringraziano la dott.ssa Mariella Meo, il capo rais Salmeri della tonnara del Tono e il suo vice G.ppe Cambria).
Glossario:
Imbarcazioni:
Bastardo = Imbarcazione di guardia in tonnara
Bordonaro = barca di guardia oltre ad essere una delle camere
Caporais = grossa barca da cui era issata la camera della morte
Gabanella = barca di guardia in tonnara
Muciara = agile barca a disposizione del rais
Palischermo = in genere ve ne erano tre o quattro chiamate con i nomi dei Santi
Portachiara = imbarcazione e "camera" di levante della tonnara
Portachiarella
Le camere della tonnara:
Bastardolo
Bordonaro
Culica = rete, chiamata anche camera della morte
Finocchiara (o culichetta) = camera della morte più piccola
Ingiarrato (di levante e di ponente)
Reti:
Chiaro e curraino = porzioni di rete della camera della morte
Gradotto = tipo di rete a maglia larga
Spesso = curraino a maglia strettissima
Attrezzi:
Argano = per sollevare le ancore
Baragghiu = cavi d�acciaio di collegamento
Musarto = cavo di divisione delle "camere"
Rindini = gruppo di ancore di sostegno agli assi o sommi della tonnara
Sommi = cavi che costituivano l�ossatura della tonnara, inframezzati da mazzotti di sughero e galleggianti ai quali erano cucite le reti
Titola = cime di cocco
Altri:
Barbajanni = punto d�incontro del corpo della tonnara con la coda
Imbasare = caricare i palischermi per effettuare il "cruciato" della tonnara
Marfaraggio = complesso dei fabbricati comprendente i magazzini, gli arsenali, la loggia e le casette della ciurma
Loggia = zona del marfaraggio ove venivano portati i tonni appena pescati per la pulitura
Scalo d�alaggio = terreno in pendio dove si accostavano le barche per scaricare i tonni
CANTI DELLA TONNARA
Rasi tu chi hai ca ti disperi
nun ci pinsari chiù ca nesci pacciu.
Di ruvinati ci ni sta un quarteri
ni lu marinaggiu di Milazzo.
Salicà Salicà, bedda Uliveri
lu Tonu è lu pinneddu di lu mari
picchì a lu Tonu ci dici scuntentu
ca pigghia tunni e pisantuni tanti?
Quandu lu Tonu nun pigghia chiù nenti
iavi rema di capi e l�acqui ianchi.
Quandu S. Giorgio chianta li spiruni
modda li levi e lassali muntari
Spara S. Giorgio la sua cuntintizza
megghiu sta pubbire ci �a dugna alisanti
A Tunnaredda calata d�arreti
Sant�Antuninu la possa jutari
Lu Capu Iancu tunnara
randi e tunnara famusa
sta suggettu a rema e timporali
Lu Pipiceddu calatu sutta a lu ruccuni
Quando leva pigghia pisantuni
Vaccaridduzza sutta lu spisali
chi quandu leva pigghia ogghiu a mari
a la Tunnara di Milazzo non ci annari
ca c�è du gran canazzu di Baeli
chi quandu a chiumma nun avi chi fari
a manna a fari erba pili muli.
S. Lucia tunnara di battagghia
tu la purtasti tanti alla ruvina
Don Cesareddu ci nisciu la badda
manciannu li dinari a fudda a fudda
a prima vota chi calò la Iaggia
c�eppi rifari u pani e la cipudda
a muciara c�andava a livanti e punenti
e pisci non ni vidia nudda cura
rasi Vincenzu cu rasi Camadda
ci perderu lu sensu e la midudda
ca la tunnara è arma custantina
ca tu ci mori la sira e la matina.
(1) La cialoma passa in rivista le tonnare del Golfo di Patti e quelle esistenti nella Penisola Milazzese. I primi cenni sono per le Tonnare di Salica e Oliveri, indi è sottolineata la pescosità della Tonnara del Tono della quale sono indicate le condizioni contrarie: corrente avversa (rema di capu) e acque torbide (iacqui ianchi). Il canto prosegue ricordando la consuetudine della Tonnara di S. Giorgio di annunciare "la levata a tonni" con un colpo di mortaio. Ricevono infine menzione le Tonnare di Vaccarella, del Porto di Milazzo, di S. Lucia, del Pepe e Capobianco, di S. Antonino, della Gabbia non senza note di leggera, elementare ironia.
Da "Ricordi storici della Tonnara del Tono", Ass. Tono Solemare, Milazzo.
2.
A campagnola vulia i calzetti
non c�è nuddu chi ci li fa
ci li facemu alla moda alla moda
pizzichi e baci alla campagnola
e vira giuvani vira
oggi e dumani puru
A campagnola vulia a vestina
nun c�è nuddu chi...
A campagnola vulia i scarpetti
non c�è nuddu chi...
A campagnola vulia u fazzulettu
non c�è nuddu chi...
A campagnola vulia a suttana
non c�è nuddu chi...
(2) Questo canto accampagnava le operazioni di disarmo della tonnara. Una voce solista enumerava via via i desideri della "campagnola", ed il resto della ciurma ripeteva in coro il ritornello.